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Copertina album

Era il 1972. In quell’anno per la prima volta Andreotti diventa Presidente del Consiglio ( anche se per solo 9 giorni),  “il giardino dei Finzi-Contini” diretto da Vittorio De Sica vince l’Oscar come miglior film straniero e la Fiat mette fuori produzione la 500 sostituendola con la 126. Nel Novembre dello stesso anno viene lanciato “Il mio canto libero”, il settimo album di Lucio Battisti, pubblicato dalla casa discografica Numero Uno. La numero uno fu fondata da Mogol, dal padre Mariano Rapetti e dal produttore Alessandro Colombini nel 1969 , poi ceduta nel ‘74 alla RCA, l’odierna Sony BMG. Battisti si unì alla casa discografica di Mogol solo nel 1971, alla scadenza del contratto con la Ricordi, che aveva mostrato poca lungimiranza e altrettanto poca fiducia nella coppia Mogol-Battisti. Proprio attorno il ’72 cominciarono a girare le voci che Battisti fosse fascista. Naturalmente Battisti non fece mai nessuna dichiarazione che potesse lasciarlo intendere, ma quello era il periodo in cui i cantanti non era solo cantanti e le canzoni non erano solo canzoni. In quel periodo bisognava schierarsi. A Lucio non sembrava importante. Anche la copertina dell’album, raffigurante delle braccia alzate su sfondo bianco fu interpretato come una folla di saluti fascisti. Solo chiacchiere. Nulla potè offuscare lo splendore di uno degli album più riusciti della coppia Mogol-Battisti. E’ indubbio il contributo dei due alla musica italiana e alla nostra cultura. Come sono sicuro sarà capitato a molti altri, Battisti ha fatto da sottofondo a gran parte della mia infanzia. Battisti per me è una giornata di sole, la domenica in famiglia  e mio padre in auto che canta senza ritegno. Ogni canzone è un tuffo al passato, mi fa sentire come se fossi a casa, mi rassicura. Ogni canzone per me è bella. E’ difficile valutare qualcosa oggettivamente quando ci cresci insieme e ti senti parte di essa. E’ come se mi chiedessero se mia sorella è bella. E’ mia sorella, punto. E Battisti è Battisti.

Mogol-Battisti

Alcune canzoni sinceramente non saprei nemmeno dire quando è stata la prima volta che le ho sentite o per quale motivo le conosco. Da quest’album venne estratto il singolo Il mio canto libero/Confusine. Canzoni stupende. Il mio canto libero è una di quelle canzoni che io considero senza tempo e che a distanza di anni la trovo sempre magnifica. Tuttavia non è la canzone che ascolto più frequentemente dell’album. Non riesco a resistere al giro di chitarra acustica ritmata dai colpetti sulla cassa di risonanza della chitarra de “L’aquila”. E poi quando dice  “…e mi dicevi che io dovrei cambiare per diventare come te, che ami solo me. Ma come un’aquila può diventare aquilone? Che sia legata oppure no non sarà mai di cartone”,  la canzone sfodera tutta la sua forza  e tutta la tristezza che si cela dietro quelle parole ( probabilmente autobiografiche di Mogol, che in quell’anno si separa dalla prima moglie). Imperdibile poi “Vento nel vento”, senza dubbio la canzone più romantica dell’album. Vi lascio invece con una canzone più vivace. Alla chitarra c’è un certo Alberto Radius. Una garanzia.